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I deputati Usa bocciano il piano Paulson

di Morya Longo

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30 SETTEMBRE 2008
I deputati Usa bocciano Bush

La doccia fredda è arrivata in serata, quando il Congresso Usa ha bocciato il maxi-piano di salvataggio per le banche americane. Wall Street è tracollata dell'8,73%, registrando il tonfo peggiore dal 1987. E mandando in fumo 1.100 miliardi di dollari. I titoli di Stato americani, su cui si sono concentrati gli acquisti-rifugio, hanno ridotto i rendimenti di quasi lo 0,4% in un colpo solo. Il mercato interbancario è andato letteralmente in tilt, con il tasso Euribor al record dal 1995. E il petrolio, in calo del 9,8%, ha registrato il crollo più violento della storia. Ormai la crisi si respira ovunque: non esiste settore dei mercati finanziari che non stia raggiungendo livelli storici di stress. In Europa si teme che la crisi faccia nuove vittime bancarie, negli Stati Uniti che la mancanza di un piano di salvataggio pubblico produca un effetto a catena inimmaginabile. Ormai sui mercati finanziari tutti si pongono una sola domanda: quale sarà la prossima banca a saltare o a costringere il suo Paese a un salvataggio miliardario? La sensazione è che la situazione sia sfuggita ad ogni controllo. E questo sta creando un effetto domino su tutti i settori: dalle azioni ai bond, dalle valute alle materie prime. Fino ai Paesi emergenti: la Borsa del Brasile ha perso il 9,36%.

Listini in caduta
Gli investitori si erano svegliati ieri mattina con la convinzione che in America il Congresso avrebbe approvato il piano di salvataggio proposto dal segretario Paulson. Per questo avevano iniziato a vendere azioni bancarie europee: il timore diffuso era che, con il salvataggio delle banche americane, sarebbero state quelle del Vecchio continente a restare col cerino in mano. È per questo che i salvataggi dell'inglese Bradford & Bingley, della belga Fortis, della tedesca Hypo Real Estate e dell'islandese Glitnir non avevano dato alcun sostegno ai listini europei. Anzi: nel timore di nuovi possibili crack, le Borse europee ieri pomeriggio hanno chiuso in pesante perdita. Londra ha bruciato il 5,3%, Parigi il 5,04%, Francoforte il 4,23% e Milano il 4,98%. A perdere di più, ovviamente, sono state le banche: Anglo Irish Bank ha addirittura ceduto il 46%, Dexia il 29%, Postbank il 23,8% e Commerzbank il 24%. Morale: 320 miliardi "bruciati" sulle Borse europee.

Tutto questo, fino alle 20 italiane, sembrava il peggio che potesse accadere in una seduta nera. Ma quando, in serata, è arrivata la notizia della bocciatura del piano di salvataggio delle banche americane, lo scenario è peggiorato. Wall Street ha iniziato a precipitare, con l'indice bancario in ribasso del 20,52%. Titoli come Wachovia hanno perso addirittura l'81,6%. Contemporaneamente, i titoli di Stato sono stati bersagliati dagli acquisti di chi cerca rifugio: i prezzi sono quindi saliti e i rendimenti sono scesi. Il T-Bond decennale ha visto il rendimento sprofondare dello 0,25% (al 3,6%), mentre il tasso d'interesse del titolo Usa con scadenza biennale è sceso dello 0,39% (all'1,69%). Nessuno guarda più alla convenienza di questi tassi d'interesse: tutti badano solo alla sicurezza.

Mercati interbancari in tilt
Ma il vero termometro della crisi è il mercato interbancario, quello su cui da sempre le banche si prestano soldi l'una con l'altra. Dato che nessuno si fida più di nessuno, i tassi sono diventati elevatissimi. L'Euribor ha così toccato il nuovo massimo dal 1995, al 5,237% per la scadenza trimestrale. Non solo. Attualmente in Europa chi presta soldi ad una banca per tre mesi chiede un tasso d'interesse dell'1% superiore a chi lo fa per una sola notte: questo significa che è elevato il timore che la banca a cui si prestano soldi non ci sia più tra soli tre mesi. Tre mesi, insomma, sono considerati troppo lunghi dagli istituti di credito per prestare fondi ad altre banche.
Ma quello che più preoccupa è che si tratta di numeri fittizi:ormai – testimoniano gli addetti ai lavori –la sfiducia è tale che nessuno presta soldi per più di un giorno o al massimo una settimana. Insomma: i tassi trimestrali (Libor o Euribor) sono sostanzialmente " finzione" perché nessuno li applica più. Nessuno presta per più di una notte. «Le scadenze più lunghe della settimana praticamente non ci sono più – conferma Vincenzo Mioccio, direttore generale del mercato interbancario e-Mid –. Il mercato è rarefatto. Il sistema italiano continua a finanziarsi in maniera normale, ma le banche estere sono sempre meno attive».

Questo ha creato un effetto perverso. Gli istituti di credito si finanziano sempre più attraverso le banche centrali e i fondi raccolti, spesso, li lasciano lì oppure li impiegano in titoli di Stato. In Europa proprio ieri la Bce ha prestato 120 miliardi agli istituti di credito, attraverso un'asta speciale a 38 giorni, e ha aumentato le operazioni di interscambio con la Fed Usa per immettere in Europa liquidità supplementare in dollari. Eppure la stessa Bce sa che le banche europee hanno in deposito, presso la banca centrale, 28,1 miliardi di euro: record da quando esiste la moneta unica. Questo significa che gli istituti di credito attingono dalla Bce (pagando un tasso del 5,25%) e poi lasciano i fondi alla stessa Bce (con un interesse del 3,25%). Insomma: preferiscono perderci piuttosto che impiegare i soldi altrove.

  CONTINUA ...»

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